LA RISOTTATA
Mio padre non sa cucinare,
l’unica volta che glielo vidi fare aveva dato vita ad un’immangiabile pasta in bianco.
Purtroppo finì nel cestino.
Mi chiama una sera
“Andiamo da tuo fratello e vi faccio il mio risotto.”
A quelle parole, ‘mio‘ e ‘risotto‘, un brivido mi percorre la schiena.
Mio padre probabilmente non ha nemmeno mai capito come fare il ghiaccio.
E’ il classico uomo che preferisce andare a cena fuori, pur di non doversi preparare qualcosa per conto suo.
Mia nonna ha sempre cucinato per lui, le sue amanti, le sue ‘amiche’.
Rispondo tentennante
“Va bene, ci aggiorniamo dai.”
Sto sul vago, ma qualche settimana dopo la chiamata è più insistente.
“Ho sentito tuo fratello, lui lavora tutti i giorni, ma finisce per le 19.
Possiamo trovarci a casa sua e vi preparo il mio risotto.”
Mannaggia, ancora quelle orribili parole.
Mi butto, gli dico che giovedì per noi può andare e sento mio fratello.
“Allora questa magica risottata?”
Mio fratello è perplesso, ma sembra meno preoccupato di me.
“In realtà finisco alle 17.30, sarò a casa in mezz’ora. Vieni subito?
Ho bisogno di una mano per pulire casa. Tra l’altro viene anche Samantha (‘amichetta’ di mio padre).”
Gli dico che non ci sono problemi, sistemo figlio e marito (che senza di me in casa si danno alla pazza gioia), prendo la macchina e parto.
Citofono, mi apre.
“Mi stavo per lavare, ma devo finire di fare i fornelli.”
Noto che non sono l’unica ad essere in ansia, lo mando a lavarsi e pulisco il piano cottura. Torna poco dopo …
“Non so, ho un po’ di mal di stomaco…”
“E’ l’ansia, Lore.“
“Ma dici? Ma io non sono preoccupato…”
Sono da poco passate le 19, suona il citofono.
Sono loro.
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