La novella del sindacalista scalzo – capitolo 1°

<<Ma voi sapete, mio caro signore, che la seconda causa di morte in termini assoluti per l’essere umano, dopo le terribili zanzare, sono gli esseri umani stessi? Lei crede che possa esistere un’altra specie del regno animale tanto folle e demenziale da essere causa della propria stessa scomparsa?>>

Si era presentato così, un pomeriggio, al bar del Corso.

Mi trovavo a prendere un caffè dopo pranzo con alcuni colleghi di lavoro.

Come era consuetudine ormai da qualche tempo, scendevamo dal palazzo in cui si trovava il nostro ufficio, sul viale principale che tagliava in due il paese, attraversavamo la strada battuta da un sole cocente (era agosto inoltrato) e in pochi istanti potevamo godere di un momento di relax, lontano dagli occhi indiscreti dei nostri responsabili.

Era un piccolo momento di evasione dalla routine e dalle formalità del luogo di lavoro. Uno spazio che ci eravamo concessi per non finire esauriti nel turbinio della quotidianità.

Trita e ritrita quotidianità.

Certamente nessuno di noi poteva sospettare che avremmo fatto un incontro tanto curioso e interessante.

Nonostante l’aspetto giovanile, ero abbastanza sicuro che avesse più anni di quanti ne dimostrava:

– indossava un completo alquanto demodé, eppure dignitosamente formale e che gli calzava a pennello;

– un bel cappello a borsalino pendeva dalla sua fronte sulla tre quarti;

– portava con sé una cartella, pare che contenesse i suoi documenti e i pochi averi.

La cosa che colpiva di più, però, erano le scarpe: decisamente logore, come se non le avesse mai cambiate per anni e anni, chilometri e chilometri.

Dovevano aver visto molti inverni.

La novella del sindacalista scalzo

<<Voi dite, mio caro signore?>>

risposi cercando di essere cordiale e mostrandomi coinvolto.

In pausa pranzo non si va in cerca di discussioni, soltanto di un po’ di svago.

Sembrava il tipo giusto con cui conversare per staccare la spina, diciamo.

<<Ahimè ne ho certezza, ve lo confermo. Lo so perché ho letto e studiato su alcuni libri di statistica demografica, ma soprattutto l’ho potuto vedere coi miei occhi. Ho girato molti paesi e altrettante città, ho conosciuto centinaia, ma che dico, migliaia di persone. Lavoratori come voi, disoccupati, studenti, donne e madri. Il risultato è quanto vi ho appena enunciato: siamo una specie demenziale>>

<<Se penso a certi clienti con cui ho a che fare, non posso che darvi ragione!>>

scherzai.

Volevo smorzare quel clima depressivo con una risata generale. Funzionò, almeno per chi era a tiro d’orecchio. Ma non per lui. Quel buffo soggetto fece un sorriso amaro, ma non pareva divertito. Come se quel tipo di situazione gli capitasse spesso, come se ci fosse già passato. Sembrava quasi frustrato e deluso dalla mia risposta.

<<Badate, non intendo sottovalutare quanto state dicendo, semplicemente cercavo di farvi sorridere un momento. Non fa bene incupirsi a quest’ora, con questo caldo. Venite, bevete una cosa fresca con noi, immagino sarete stanco. Non vi ho mai visto qui in giro, da quanto tempo siete arrivato?>>

<<Non ricordo precisamente, da pochi giorni credo. Non badate troppo alle mie smorfie, in ogni caso. Trovo seccante che mi si risponda con battutine o freddure quando parlo di temi tanto seri, come se risultasse fastidioso per le persone dover prendere atto di certe questioni. Come se fosse necessario sdrammatizzare per non rifletterci troppo su. Perché credete che abbia le scarpe tanto logore? Una vita intera passata a cercare risposte, a parlare con la gente, a vedere con i miei occhi tutto quello che non va, cercando di aiutare il mio prossimo. E per tutta risposta, mi trovo ancora qua, a predicare nel deserto>>

<<Padre, perdonatemi, non avevo capito che foste uomo di Chiesa!>>

risposi imbarazzato.

<<Per carità, quale uomo di Chiesa?! Per chi mi avete preso, per un confessore? Assolutamente no, mio caro ragazzo, avete preso un abbaglio. Anzi, mi sono spiegato male io, vi chiedo scusa. Io sono uno studioso, una sorta di ricercatore sul campo, mettiamola così. Un pensatore dedito alla pratica. Pensiero e azione, nella mia professione, sono strettamente legati, a volte l’una è causa dell’altro e viceversa>>

<<Sembra interessante e complicato insieme. Se non siete uomo di Chiesa, a giudicare da come parlate sarete in ogni caso un predicatore!>>.

<<Un predicatore non va in cerca di risposte, piuttosto è convinto di averle già in tasca e le grida in faccia alle persone. Io sono più portato a fare domande>>.

<<Accidenti, così non mi aiutate. Eppure, mi entusiasma, lasciatemi tentare ancora!>>.

<<Ma non è un gioco a premi, non sono qui per dilettarvi, sono qui per fare domande e cercare altre risposte. Vi dispiace?>>.

<<Assolutamente no, mi scuso se sono sembrato sgarbato o irrispettoso. Qui non succede mai nulla. non cambia mai niente, mentre voi mi sembrate un personaggio così originale>>.

<<Vi domandate mai perché?>>

<<Perché di cosa?>>

<<Perché non cambia mai nulla.>>

<<Francamente no, le cose sono sempre andate così e credo continueranno nello stesso modo. Che volete farci, bisogna soltanto abituarsi. In fondo, basta trovare il proprio angolino e farsi la propria vita, senza pestare troppi piedi>>

<<E’ la cosa che sento ripetere più spesso da quanto sono arrivato qua. Lei è felice?>>

<<Posso dire di essere sereno, felice mi sembra una definizione pretenziosa>>

sorridevo, ma mi accorsi che anche io non avevo più molta voglia di ridere.

<<E non cambiereste proprio nulla della vostra esistenza o di quello che vi circonda?>>

<<Ora che me lo chiedete, assolutamente sì! Ma che posso dirvi? Chi ci ho provato e sono andato a sbattere, io non voglio seccature>>

tagliai corto.

<<Avete paura?>>

mi chiese.

<<Paura? E di che? No, figuratevi. Semplicemente so come funziona il mondo, non vale la pena farsi troppi problemi e troppe domande. Esattamente il contrario di come state facendo voi in questo momento, per capirci!”.

Mi ero un po’ stufato di essere messo sotto la lente di ingrandimento, volevo ributtare la palla nel suo campo. Si era preso troppa confidenza, mi aveva decisamente infastidito.

<<Esattamente ciò di cui parlo. Ora, forse, potete capire la mia difficoltà nel compiere il compito che ho assegnato”

<<Oh, andiamo! Chi ve lo fa fare? Non sarete mica obbligato?>>

<<Non sono obbligato da altri che non sia la mia coscienza, caro signore. Non posso farci nulla, sento l’irrefrenabile necessità di aggiustare questa bestia ammalata che risponde al nome di umanità. Nel mio piccolo, per quel che posso>>

<<Allora siete un medico, anzi no, uno strizzacervelli… come si chiama?>>

<<Uno psicanalista? In un certo senso svolgo anche quella funzione, ma non è esattamente ciò di cui mi occupo. Facciamo così, voi continuate a rifletterci. Pensate anche a ciò che vi ho chiesto e alle vostre risposte. Se indovinerete il mio mestiere, la prossima volta offro io. Vi auguro una felice giornata, arrivederci>>, quindi si alzò, recuperò la cartella e se ne andò.

<<Arrivederci, brav’uomo! State certo che indovinerò la prossima volta>>

Purtroppo, non ci furono occasioni di incontrarsi nuovamente di lì a breve, perché pochi giorni dopo venne arrestato per oltraggio alla pubblica decenza e al civile decoro. Ecco come andò la faccenda.


Un mattino di un giorno festivo si trovava in una delle piazze principali del paese, deciso a raccogliere un po’ di voci della strada, innanzitutto dai lavoratori nel loro giorno di riposo.

Per attirare l’attenzione si era posizionato sui gradini antistanti ad una chiesa e aveva iniziato a conversare a voce alta coi presenti.

Aveva riattaccato con la solfa della seconda causa di morte del genere umano, aggiungendovi una serie di testimonianze e alcuni astrusi concetti. Stava tenendo un piccolo comizio, elencando nomi, date, fatti e studi a riprova dei suoi argomenti.

Nel giro di poco tempo si era radunata una piccola folla: molti passanti si fermavano ad ascoltarlo per qualche secondo, per poi andarsene borbottando indignati. Altri ne ridevano palesemente.

Fino a che non arrivò un uomo in divisa da poliziotto.

<<Sentite, vi rendete conto di quel che state facendo? Volete ricomporvi, per cortesia? O vi devo sbattere in cella?>>

<<Cosa avrei fatto di male, agente?>>

<<Ma non vi rendete conto? Siete scalzo! State comiziando senza scarpe!>>

In effetti l’agente di polizia non aveva torto, il nostro protagonista non indossava nulla ai piedi.

<<E con questo? Le ho perdute>>

<<E come le avreste perdute, sentiamo!>>

<<In un gesto di indignazione le ho gettate lontano e sono ormai irrecuperabili, giù per una scarpata>>

<<Avete voglia di prendermi in giro?>>

<<Ma insomma! Cosa c’è di così strano?>>

<<Come cosa c’è di strano?! Andate in giro senza scarpe perché le avete lanciate in un dirupo! Siete come minimo un pazzo!>>

<<Mi è semplicemente preso il nervoso perché qui sembra che a nessuno interessi tutto quanto vado denunziando! Ora che sono senza scarpe invece risulto molto più interessante, a quanto pare. Forse sarebbe stato meglio se per sfogare le mie frustrazioni avessi aggredito qualcuno, o picchiato mia moglie, o preso a calci il cane, allora sì sarei apparso “sano di mente”! Sbaglio?>>

<<Qui le domande le faccio io, non vi permettete di rivolgervi ad un ufficiale in questo modo o vi sbatto dentro!>>

<<Ma che ci sarà mai di così importante in un paio di scarpe rispetto alle atrocità che denunzio, questo io non comprendo!>>

<<Come fate a non capire che è una mancanza di rispetto e decoro?! Questo non comprendo io>>

<<Rispetto? Rispetto per chi?>>

<<Per tutti noi che le scarpe le portiamo! Non capite che siete diverso, appariscente e decisamente fuori luogo? Rimettetevi subito le scarpe!>>

<<Ma non le possiedo più, dannazione, vi ho appena detto che le ho gettate in un fosso!>>

<<Allora basta, mi sono stancato, venite con me in centrale che vi faccio passare io la voglio di fare queste pagliacciate!>>

<<Un momento, mi state arrestando perché sono scalzo?>>

<<Assolutamente sì, andiamo! E voi altri circolate o faccio fare un giro in gattabuia anche a voi, morti di fame!>>

<<Mi rifiuto>>

<<Mi rifiuto di essere arrestato perché sono scalzo, preferirei essere arrestato perché denunzio la cattiva gestione del potere in questo paese. Non per un motivo così demenziale>>

<<Come?>>

<<Allora voi non avete capito dove vi trovate! Qui a nessuno interessa ciò che dite, le vostre prediche e la vostra saccenza qui non attecchiscono. Alle persone non importa nulla di tutto ciò, a loro entra in un orecchio ed esce dall’altro. Perché dovrei arrestarvi per le vostre idee? Siete decisamente più pericoloso per queste vostre abitudini mondane di girare a piedi nudi. Che oscenità! Andiamo forza, non me lo fate ripetere. Stanotte la passerete comodamente adagiato su una brandina nella mia centrale>>

<<Tutto questo è incredibile>>

<<Potete ben dirlo, caro il mio sindacalista scalzo! Ma vedrete che ritroverete il contatto con la realtà non appena avrete messo un bel paio di scarponi di cuoio e due belle cavigliere comode comode, con tanto di catena. Mi domando davvero perché io debba perdere tempo con un perdigiorno come voi, quando il crimine serpeggia e morde ovunque”

E dopo questo scambio di battute e cordialità i due furono visti allontanarsi verso la centrale di polizia, situata a poca distanza.

L’intero paese risuonava delle chiacchiere sul “sindacalista scalzo”.


Cominciavano già a nascere bizzarre leggende sul suo conto. Si diceva che fosse tutta opera del sindaco per testare l’umore elettorale. Altri pensavano fosse un matto, uno dei tanti che ogni tanto si vedono in giro.

Soltanto alcune fanciulle avevano preso per buone le sue parole, in particolare quando denunziava il trattamento che la società patriarcale riservava loro.

Ma ovviamente non godettero di grande considerazione.

Ciò che invece aveva colpito di più l’umore popolare era che diverse persone, per lo più sconosciute

in paese, come ad esempio manovali immigrati, contadini, braccianti, prostitute e mendicanti, avevano l’abitudine di andarlo a trovare.

Ovunque egli si trovasse. In cella, nei bar, per le strade, a casa di amici e conoscenti.

Si stava creando un piccolo seguito.

Nel frattempo, continuava a passare qualche notte in cella, ogni qual volta la polizia lo cogliesse

di nuovo in giro ad attirare l’attenzione su di sé.

Pareva si fosse intestardito:

nonostante gli avessero offerto più volte delle calzature di vario genere, perfino dei sandali che gli risultassero più confortevoli col caldo estivo, lui aveva ormai deciso che avrebbe continuato a girare scalzo, in aperta protesta contro quella che lui riteneva una regola decisamente ingiusta. Insomma, non si stava di certo attirando le simpatie delle autorità locali. Sembrava ci avesse persino preso gusto a farle innervosire proprio per quella piccola faccenda di decoro.

Come se volesse deriderli, deridere la loro gretta morale, la loro mentalità ottusa.

La sua lunga battaglia era appena cominciata.

Francesco G. Ciancimino